Supplicarono, quindi, San Francesco di Paola di essere accolte nel suo Ordine, e di poter avere una analoga “Vita e Regola”, con la specificità del ritiro totale nella solitudine per dedicarsi con maggiore intensità all’orazione e alla penitenza, ragion per cui il nuovo ramo doveva essere di clausura papale. Il Fondatore scrisse loro una lettera esprimendo il proprio compiacimento, accogliendo la loro richiesta ed inviando loro istruzioni per una iniziale formazione e piano di vita. Mandò pure a ciascuna la corona del Rosario, con la viva raccomandazione di pregare particolarmente per la pace e la concordia tra le nazioni e i loro governanti. Cominciarono esse a vivere in comunità l’11 giugno del 1495 in Andújar (Jaén), Spagna, in casa del conte Pietro di Lucena Olid, adattata a monastero, con il titolo di “Gesù-Maria”. Più tardi San Francesco di Paola chiese l’approvazione pontificia per il nuovo ramo delle Sorelle dell’Ordine dei Minimi, con Regola propria. Il 28 luglio 1506, Papa Giulio II, con la bolla Inter Caeteros, concesse la desiderata approvazione, compreso il testo della Regola.
VITA E REGOLA DELLE MONACHE DELL’ORDINE DEI MINIMI DI FRA FRANCESCO DI PAOLA
Capitolo I: Osservanza salutare dei precetti e dei voti
1. Tutte le monache di quest’Ordine dei Minimi – che s’impegnano a seguire più da vicino la via, la Regola e la vita della salvezza eterna, e che, mediante la proficua osservanza dei dieci comandamenti di Dio e dei precetti della Chiesa, cercano di innalzarsi alla pratica dei consigli evangelici – obbediscano fedelmente al Sommo Pontefice Giulio II ed ai suoi successori canonicamente eletti; promettano di vivere con perseveranza sotto i sacri voti di obbedienza, castità, povertà e vita quaresimale, secondo le modalità specificate più avanti; e rimangano chiuse in idonea clausura.
2. Inoltre obbediscano umilmente al Generale ed ai Provinciali in carica dello stesso Ordine ed alla loro Madre Correttrice, né si allontanino mai da questa Regola e vita, memori che invano si comincia il bene se lo si lascia prima della morte, e che la corona viene data solo ai perseveranti.
Capitolo II: Candidati da ricevere nell’Ordine
3. Coloro che, per amore alla vita quaresimale e nell’intento di fare maggiore penitenza, desiderano entrare in quest’Ordine dei Minimi, siano accolte in qualità di monache coriste o oblate dalle Madri Correttrici, purché tali aspiranti risultino in possesso dei requisiti necessari ed abbiano almeno quindici anni di età.
4. Inoltre, trascorso un anno ininterrotto di prova e non prima (su ciò è assolutamente vietata qualsiasi dispensa dalle Correttrici di quest’Ordine), se avranno referenze favorevoli dalle monache professe e soprattutto dalla loro Maestra, potranno essere ammesse alla professione. Quelle che saranno così ammesse, resteranno per sempre nello stato della loro professione.
Capitolo III: Indumenti di questa congregazione
5. Tutte le monache coriste e oblate di questa piccola Congregazione non coltivino i loro capelli, ma li taglino spesso o li radano. Inoltre l’abito di tutte le monache coriste sia lungo fino ai talloni e decoroso, di panno vile, tessuto con lana naturalmente nera e non tinta. Così pure il loro cappuccio sia dello stesso colore e arrivi fino alle spalle o più o meno sopra i veli decorosi, ma tale da potersi cingere. Abbiano pure un cordone rotondo di lana dello stesso colore, che rechi cinque semplici nodi. Tanto il cordone, quanto l’abito e il cappuccio, non sarà lecito alle suddette monache toglierseli, né di giorno, né di notte, se non per cambiarli, pulirli, ripararli o per qualche evidente malattia, riconosciuta in coscienza dal medico.
6. Usino pure, a loro piacere, zoccoli o sandali fatti di ginestra o di palma o di paglia o di corda o di giunchi, oppure scarpe aperte di sopra, secondo la diversità delle Province, a meno che un’urgente necessità o una dispensa concessa con discrezione dal uperiore abbia sciolto dall’obbligo di andare scalze. Di tali indumenti faranno uso le novizie coriste, salvo che queste, come le novizie oblate, invece del cordone rotondo, porteranno semplicemente una fascia del colore del loro abito. Le novizie non portino però il cappuccio, ma al suo posto, pongano una cuffia di colore dimesso, coperta da un velo decoroso. Anche le oblate, dopo la loro professione, usino un cordone rotondo come le monache coriste professe, con un nodo in meno soltanto. Inoltre portino il loro abito un po’ più corto di quello delle monache coriste e veli decorosi con cuffia adeguata.
7. Ancora, le singole monache coriste e oblate, sotto tale loro abito, potranno lecitamente portare (secondo il bisogno) tuniche lunghe o corte di panno umile o di stamigna, come pure calze decorose, convenientemente distese sopra le ginocchia, nonché un mantello del colore del loro abito (senza alcuna cocolla), da usare liberamente. Tale mantello però, lo porteranno con umiltà lungo fino al malleolo le monache coriste, mentre le oblate più o meno fino a metà gamba.
8. Inoltre, tutte le oblate, sia prima che dopo la loro professione, potranno lecitamente esercitare (come le altre) uno o più uffici minori (secondo la disposizione del capitolo locale). Ancora, sia le monache coriste che le oblate (senza l’autorizzazione della Correttrice) non inviino lettere fuori dei loro monasteri.
Capitolo IV: Ufficio divino, riconciliazione capitolare, confessione e comunione
9. Le monache coriste di quest’Ordine deputate idonee alla Celebrazione delle Ore canoniche, impegnandosi con spirito di santo timore ed esultanza nelle divine lodi, assolvano all’obbligo dell’Ufficio divino recitandolo semplicemente, cioè leggendolo lentamente (senza canto), con riverenza e con le [debite] cerimonie, secondo il rito della Curia Romana. Tutte, poi, osservino in modo uniforme, in tutto l’Ordine, il Calendario comune approvato per loro dalla Chiesa Romana. Si potrà pure celebrare la Messa, ogni giorno, dinanzi alle suddette monache coriste e oblate, che guarderanno e ascolteranno convenientemente dal loro coro chiuso. Mai però si celebri Messa cantata davanti a loro, ma solo recitata, ossia letta; né a qualunque Messa si risponda in canto, da parte di chiunque, nelle loro chiese. Che se ricorre qualche festa di particolare solennità, si potrà celebrare dinanzi a loro la Messa conventuale corrispondente, con la commemorazione della festa del giorno che ricorre nel calendario o viceversa. Dal loro coro chiuso potranno pure ascoltare le prediche.
10. Inoltre, tutte ugualmente celebrino, nella prima domenica libera del mese di luglio, l’anniversario della dedicazione di tutte le chiese dell’Ordine. Le suddette monache non accettino obblighi specifici di suffragi, se non in genere, ossia nell’insieme di tutti i suffragi dell’Ordine, oppure che non eccedano il limite di cinquant’anni o al di sotto di questo.
11. Inoltre tutte le monache impedite alla celebrazione dell’Ufficio divino, uniformandosi con diligenza alla santa Congregazione, recitino per il Mattutino trenta “Pater noster” e trenta “Ave Maria”, per le Lodi dieci, per i Vespri dodici e sette per ciascuna delle altre Ore, aggiungendo, dopo l’ultima “Ave Maria” di ciascuna Ora, i versetti “Gloria Patri” e “Sicut erat”. Per l’Ufficio dei defunti recitino ogni giorno dieci “Pater noster” e dieci “Ave Maria” con l’aggiunta del versetto “Requiem aeternam” all’ultima “Ave Maria”. Le monache oblate invece recitino per il Mattutino venti “Pater noster” e “Ave Maria”, per le Lodi sette, per i Vespri dieci e cinque per ciascuna delle altre Ore, aggiungendo ugualmente i versetti “Gloria Patri” e “Sicut erat” dopo ciascuna ultima “Ave Maria”. Per l’Ufficio dei defunti dicano ogni giorno altri cinque “Pater noster” e “Ave Maria”, aggiungendo anche il versetto “Requiem aeternam” all’ultima “Ave Maria”.
12. Le oblate poi, non abbiano voce negli atti capitolari, ma attendano con sollecitudine e assiduità al servizio delle consorelle e, nel giorno della loro professione, promettano in capitolo fedeltà all’Ordine, e (come le monache coriste) si obblighino, nel modo a loro proprio, ai quattro voti del medesimo Ordine. Tuttavia potranno toccare ogni specie di denaro e, col permesso della Correttrice, riceverlo lecitamente all’occorrenza, da chiunque, attraverso le strette grate del monastero, e disporne secondo l’ordine della stessa Correttrice; non escano mai però dalla clausura del loro monastero, come neppure le monache coriste. I procuratori o qualsiasi altra persona pia provvedano le suddette monache coriste e oblate di ogni cosa loro necessaria, secondo la loro possibilità, attraverso le dette grate.
13. Inoltre, salvo che per legittima causa, le suddette monache coriste e oblate, si confessino devotamente almeno una volta ogni settimana, ai confessori loro assegnati. Tre volte per settimana poi, cioè il lunedì, il mercoledì e il venerdì, si riuniscano in capitolo per dire le proprie colpe e trattare gli affari del monastero. Così riunite, (convenientemente per ordine di religione) prima le novizie, poi le oblate già professe, quindi le monache coriste professe, ciascuna dica con riverenza le sue colpe pubbliche (dinanzi alla Madre Correttrice) e accolga benignamente la salutare penitenza che provvidenzialmente le venga ingiunta.
14. Ancora, almeno nelle festività del Natale del Signore, della Purificazione della Vergine Maria, della Cena del Signore, di Pentecoste, dell’Assunzione della Vergine Maria, della dedicazione di san Michele Arcangelo e nella solennità di Tutti i Santi, le singole monache coriste e oblate, se non vi sia legittimo impedimento, si riconcilino in capitolo e, così riconciliate, ricevano devotamente la santa Comunione.
Capitolo V: Obbedienza, castità e povertà volontaria
15. Le monache coriste e oblate di quest’Ordine, sapendo d’avere rinunziato alla propria volontà, obbediscano umilmente alla loro Madre Correttrice in tutto ciò che non è contro la salute della propria anima, né contro questa sacra Regola; e la venerino esprimendosi con umiltà e contegno rispettoso. Dovendo vivere pure in perpetua castità, si astengano da ogni sguardo pericoloso ed evitino ogni sospetta relazione e cattivo suggerimento.
16. Inoltre, militando le suddette monache nella povertà evangelica, non tocchino affatto denaro, né lo portino coscientemente con se in alcun modo. Pure, su deliberazione della Correttrice e del capitolo locale (secondo la possibilità di ciascun monastero) si provveda con carità sia alle riparazioni della chiesa che al dovuto sostentamento di queste monache coriste e oblate.
17. Ancora, a tutte le monache coriste e oblate vietiamo assolutamente, per quanto lo possiamo in Dio, di ospitare in qualunque monastero di quest’Ordine, qualsiasi persona dell’uno o dell’altro sesso, né permettano in alcun modo che queste stesse persone entrino da loro o nei loro orti, anche se fossero i confessori propri delle inferme o medici o qualsiasi prelato ecclesiastico o signori di qualunque rango, ma potranno accedere solamente alle grate strette e doppiamente strutturate della chiesa, del monastero e dell’infermeria. (Di tali grate, infisse alla stessa parete, una sia situata di fuori, l’altra di dentro). Quando poi capitasse che qualche persona si avvicini a tali grate per parlare con qualcuna delle monache coriste e oblate di quest’Ordine, si consenta che esse (ottenuta prima la benedizione della Correttrice) vi siano accompagnate convenientemente, su designazione della stessa Correttrice, e queste persone possano parlare loro brevemente, in modo tale però che non sia assolutamente concesso loro di vederle.
18. Si permetta pure (a consolazione delle inferme anzidette e per necessaria visita) che i loro confessori e i medici (ogniqualvolta ce ne fosse bisogno) si avvicinino alla suddetta grata stretta dell’infermeria, alla quale le stesse ammalate potranno accostarsi o (se necessario) farsi portare convenientemente con un lettino portatile, perché il medico le possa lì stesso vedere e toccare.
Capitolo VI: Come vivere in regime quaresimale e come curare opportunamente gli infermi
19. Tutte le monache di quest’Ordine si astengano completamente dai cibi di grasso e nel regime quaresimale facciano frutti degni di penitenza, sì da evitare del tutto le carni e quanto da esse proviene. Pertanto a tutte e a ciascuna è assolutamente e inesorabilmente proibito di cibarsi di carni, di grasso, di uova, di burro, di formaggio e di qualsiasi specie di latticini e di tutti i loro composti e derivati (salvo le seguenti modifiche).
20. Quando, infatti, qualcuna delle suddette monache si ammalasse, sia benevolmente accompagnata dalla monaca corista o oblata deputata o da deputarsi come infermiera, all’infermeria claustrale ed ivi, secondo le possibilità del monastero, venga soccorsa per obbedienza e con diligenza e premura, prima con alimenti quaresimali più idonei (secondo l’arte medica) alla sua malattia.
21. Se poi tale infermità così curata si aggravasse, col parere del medico, si conduca l’ammalata nell’infermeria esterna, situata entro 1’ambito della clausura e lì, (secondo la prescrizione dello stesso medico) per ordine della Correttrice, sia assistita con premura e carità, con qualsiasi alimento per ristabilirne al più presto la salute; ciò si faccia sempre secondo la possibilità del monastero e tramite i procuratori o le procuratrici dell’Ordine o altre devote persone. Si guardino però tutte le monache coriste e oblate di indurre, esse stesse o per interposta persona, il medico a farsi dispensare dalla vita quaresimale per quella pasquale, cioè di grasso: tanto più che è giuridicamente vietato anche agli stessi medici di consigliare ai malati, per la salute corporale, ciò che potrebbe convertirsi in pericolo dell’anima. Risultando poi chiaramente che l’inferma si è tanto ristabilita da potersi sostenere con i consueti alimenti quaresimali, dopo ponderata decisione, ritorni al più santo regime della vita precedente, memore della propria salutare professione.
22. A nessuna monaca pertanto, è permesso, contro la presente stabile legge, alimentarsi (in qualsiasi tempo) dei suddetti cibi pasquali, ossia di grasso: e cioè di carni, di uova, di formaggio, di burro, né di latticini di ogni tipo, né di loro composti o derivati, né si permetta in alcun modo che sia introdotto alcuno di questi alimenti, che possano servire da cibo. Quando però, come si è detto, fosse necessario cibarsene, siano portati per altra via e non per il chiostro o monastero, alla suddetta infermeria esterna. Questa sia da ogni lato circondata da muri e separata alquanto dallo stesso monastero, e non si permetta assolutamente che sia situata tra le officine interne del medesimo. Ivi poi, (standovi le inferme) nessuna entri senza il permesso della Correttrice.
Capitolo VII: Digiuno corporale
23. Poiché il digiuno corporale purifica la mente, sublima i sensi, sottomette la carne allo spirito, rende contrito e umiliato il cuore, disperde i pascoli della concupiscenza, spegne gli ardori della libidine e accende la fiaccola della castità: perciò, tutte le monache coriste di quest’Ordine, impegnate a crocifiggere le loro membra insieme con i vizi e le concupiscenze, digiunino indistintamente dal lunedì dopo Quinquagesima fino al Sabato Santo compreso, e dal giorno di Tutti i Santi fino alla vigilia del Natale del Signore. Digiunino pure negli altri giorni in cui è stabilito il digiuno dalla Chiesa e in tutti i mercoledì e i venerdì dell’intero anno, eccetto solo nei mercoledì che intercorrono tra la Pasqua e la Pentecoste, e tra la Natività del Signore e la Purificazione della Beata Vergine Maria, e anche il giorno della suddetta Natività del Signore, quando capitasse di venerdì. Le oblate invece digiunino indistintamente soltanto nei venerdì di tutto l’anno e dal giorno dopo la festa di santa Caterina vergine fino alla vigilia del Natale del Signore; come pure negli altri giorni in cui è prescritto il digiuno dalla Chiesa.
24. Nessuna poi, fisicamente sana, si esima da tutti i predetti digiuni. Nondimeno le Prelate o Correttrici potranno ragionevolmente dispensare le monache coriste e oblate dai singoli digiuni. Si osservi pure, sempre con carità, che tutte quelle che il cielo visita con continuo e naturale languore, siano benignamente alleviate non solo nei predetti digiuni, ma anche in tutte le veglie e in ogni altro onere dell’Ordine, e siano rifocillate con cibi quaresimali (più abbondantemente che le sane). Esse però, che sono così visitate dal cielo, gioiscano e rendano grazie per il tempo che ancora viene loro concesso per fare penitenza.
25. E perché sia eliminata più efficacemente ogni occasione di ingordigia, si proibisce, a chiunque sia sana, di mangiare, senza il permesso della Correttrice, fuori l’ora solita della refezione comune. Inoltre non è permesso ad alcuna di mangiare furtivamente.
Capitolo VIII: Amore all’orazione e all’osservanza del silenzio
26. Ciascuna sia pure esortata a non trascurare di applicarsi alla santa orazione, ricordandosi che la pura e assidua orazione dei giusti è una grande forza e, come un fedele messaggero, compie il suo mandato, penetrando là dove non può arrivare la carne. E perché tutte abbiano maggiore possibilità di pregare, ciascuna sia ammonita ad osservare con cura il silenzio evangelico. Perciò pratichino sempre il silenzio in chiesa, nel chiostro e nel dormitorio, durante la prima e la seconda mensa in refettorio, e da Compieta fino a Prima. In altri tempi e luoghi badino di parlare sommessamente e religiosamente. Tuttavia, se nei suddetti luoghi e tempi dedicati al silenzio, vi fosse necessità di parlare, lo si faccia discretamente, sottovoce e in breve.
27. Tutte siano pure esortate ad essere benigne, modeste ed esemplari, non giudicando gli altri, ma se stesse, ed evitando il troppo parlare, che non è mai esente da colpa.
Capitolo IX: Prelati di questa congregazione e loro assistenti e loro incaricati
28. Coloro che attendono al governo di quest’Ordine e forma di vita, si conformino alle altre, per quanto è possibile, nel vitto e nel vestiario; nel correggere usino prudentemente la verga con la manna e l’olio con il vino, cioè la giustizia con la misericordia e viceversa. E poiché, per mancanza di esperienza, non è conveniente che sia sottoposta all’onere di Correttrice ed assuma il governo della Congregazione, colei che non abbia prima sperimentato la lotta delle tentazioni e non si sia riconosciuta suddita, per questo motivo nessuna sia preposta in quest’Ordine, né abbia voce nell’elezione e nella deposizione delle Prelate o Correttrici e delle sorelle maggiori, se prima non abbia vissuto lodevolmente come professa in quest’Ordine, almeno per due anni ed abbia non meno di venticinque anni di età.
29. Quelle che dal capitolo saranno elette come sorelle maggiori diano prudentemente alle loro Correttrici, nel proprio monastero, consiglio e aiuto in tutto ciò che riguarda la presente Regola e vita. Inoltre, la sagrestana e tutte le altre incaricate dei monasteri siano debitamente elette dalle loro Correttrici, insieme con il capitolo locale, in ciascun monastero di quest’Ordine. Quelle, poi, che risultano così elette, attendano con diligenza agli uffici loro affidati.
Capitolo X: Titoli ed elezioni dei superiori di questa congregazione
30. Infine, tutte coloro che sono preposte alla direzione di queste monache dell’Ordine dei Minimi, non senza motivo vengono chiamate Correttrici: perché correggendo anzitutto se stesse, correggano con comprensione le monache coriste e oblate loro affidate, sicché piamente compatiscano i loro difetti e cerchino insistentemente piuttosto il loro emendamento che la punizione.
31. Inoltre, ogni tre anni, nella festa dell’Ascensione del Signore, (in tutti i monasteri di quest’Ordine e in ciascuno di essi) si tenga una riunione specialissima delle monache coriste, alla quale convengano in capitolo tutte le monache coriste professe. Dall’universalità di tale capitolo, escluso assolutamente ogni favoritismo e risentimento, eleggano con saggia riflessione una, quale loro Madre Correttrice, che sia come serva buona e fedele, onesta, virtuosa e prudente, che per soli tre anni continui sia preposta prudentemente al governo della locale comunità.
32. La suddetta Correttrice poi, così eletta, venga debitamente confermata per il suddetto triennio dal Generale dello stesso Ordine dei Minimi o dal Correttore Provinciale di tale Provincia. Così confermata, quindi, corregga le mancanze di tutte le monache coriste e oblate a lei affidate, nella vera giustizia, sì da non separare da essa la misericordia, ma usi tale misericordia da non dividere da essa la giustizia. Alla suddetta Correttrice, in qualsiasi monastero, siano opportunamente affiancate tre compagne timorate, che saranno chiamate sorelle maggiori e, sostenuta dal loro provvido consiglio, svolga con discrezione e saggezza gli affari della Religione a lei affidati e con abilità li tratti e li risolva. Subito appena elette, nel modo sopra indicato, la Madre Correttrice e le sue compagne promettano, nel capitolo del loro monastero, fedeltà all’Ordine. Terminato il triennio delle suddette Prelate, prima di procedere a nuova elezione, esse rinunzino umilmente agli uffici di governo loro affidati e, almeno per il triennio immediatamente successivo, non abbiano tale mandato e restino suddite.
33. Inoltre, né alle stesse Correttrici, né ad alcuna monaca corista o oblata sia mai lecito uscire dalla clausura del loro monastero, salvo che si tratti di erigere in qualche altro luogo un nuovo monastero dello stesso Ordine. Allora, il Generale del medesimo Ordine dei Minimi o il Correttore Provinciale di tale Provincia o per loro mandato e autorizzazione, potranno far uscire dai loro monasteri alcune monache coriste e oblate di quest’Ordine e mandarle lecitamente al suddetto monastero di nuova erezione, per instaurarvi la regolare osservanza e accogliervi convenientemente novizie coriste e oblate da istruire, dirigere e formare salutarmente, secondo il Correttorio di quest’Ordine.
34. Ancora, né le stesse Correttrici, né qualsiasi altra monaca corista o oblata abbia l’ardire, sotto qualsiasi pretesto, di impetrare o far impetrare, con parole o con scritti, alcunché contrario a questa Regola e vita; né di comporre o fare comporre, innovare o fare innovare altre norme.
35. Infine, per ascoltare le confessioni delle suddette monache, il Generale di quest’Ordine dei Minimi o il Correttore Provinciale di tale Provincia assegnino opportunamente ai singoli monasteri dell’Ordine, sacerdoti idonei e probi confessori, che potranno essere cambiati per ordine dello stesso Generale o del proprio Vigile o del Provinciale. Abbiano almeno cinquant’anni di età, a meno che, a discrezione dello stesso Correttore Generale o tramite il suo Vigile o il Provinciale, siano da costituirsi in età di quarant’anni, oppure la necessità dei luoghi costringa ad assumere confessori di età inferiore. Tali confessori poi, ascoltino attentamente le confessioni di ciascuna di queste monache coriste e oblate e impongano loro la salutare penitenza per le mancanze commesse.
E’ questa, carissime Sorelle, la legge e Regola mite e santa, che vi esortiamo ad accogliere con umiltà e a custodire con fedeltà e perseveranza, affinché, mediante la sua osservanza, possiate alla fine conseguire felicemente dalla mano del Signore, quale perenne benedizione, la grazia e la gloria.