Che cosa mai potrà avere in comune con gli uomini di oggi un santo vissuto nel 150 secolo? Proviamo a scoprirlo!
Oggi ci apparirebbe forse sotto i panni di uno di quei giovani un po’ ribelli che non accettano le regole e le convenzioni della società in cui vivono; ma sotto c’era ben altro che un po’ di anticonformismo. Stupisce tutti quando ancora quattordicenne decide di abbracciare la vita eremitica, nella rigorosa sequela dei consigli evangelici di povertà, castità, obbedienza, ai quali unisce una stretta osservanza del regime quaresimale. Ci stupiamo ancora nel vedere come, pure in un tempo come il suo, apparentemente poco attento ai valori spirituali e alla dimensione interiore delI’uomo, la sua esperienza affascina tanti giovani come lui. La comunità che viene cosi presto a formarsi diventa un punto di riferimento per i bisogni di tutti: innumerevoli sono gli episodi che lo vedono promotore di riconciliazione e che testimoniano la sua attenzione ai problemi della sua terra di Calabria, dove raccoglie le ansie della gente oppressa dalle angherie dei potenti.
La diffusione e la vasta eco che il suo movimento suscita, unite all’ammirazione per le opere che da esso scaturiscono, gli ottengono il riconoscimento, prima, dell’arcivescovo di Cosenza, mons. Pirro Caracciolo, nel 1470, e poi da parte del Papa, Sisto IV, nel 1474. Le travagliate vicende storiche del suo tempo lo vedranno protagonista molto più di quanto lascerebbe intravedere il suo desiderio di una vita nascosta e umile. Si trova ad affrontare questioni di stato e di giustizia sociale nel regno di NapoIi e alla corte del Re di Francia Luigi XI, dove si recherà nel 1483 su invito di Sisto IV e dove rimarrà fino alla morte. Perciò, grandi avvenimenti politici ed ecclesiali passano attraverso il suo discernimento di uomo illuminato dallo Spirito Santo.
San Francesco è stato dunque un eremita, ma ben radicato nella sua realtà storica. La scelta di vivere per Dio, attraverso l’abbandono di tutto quanto è superfluo, non lo ha reso insensibile ai problemi dell’uomo. Le forme di penitenza da lui scelte non erano il rifiuto della gioia di vivere, ma il gesto profetico di chi afferma la priorità dei valori spirituali per la vita dell’uomo rispetto ai condizionamenti che derivano dai beni del mondo. E in questo cammino di purificazione, che è liberazione dai vincoli temporali e culturali, quest’uomo del 1400 si ripropone a noi oggi, uomini del 200 secolo, come nostro contemporaneo. Egli è l’uomo che trova nella libertà e nella solitudine interiore la capacità di essere uomo di compagnia con gli altri uomini, di riconciliarsi e di riconciliare, di dire la verità con coraggio, di farsi carico dei bisogni comuni, di difendere la giustizia.
CHE LASCIA UNA TRACCIA PROFONDA…
“Fate frutti degni di penitenza nel cibo quaresimale”. (IV regola, c. 6).
La permanenza di Francesco in Francia è stata, nei piani della Provvidenza, l’occasione per una migliore definizione del carisma penitenziale, accolto a Paola dalle mani di Dio. Il suo movimento eremitico prende gradualmente forma e si presenta nella Chiesa come l’ultimo grande Ordine medioevale con una sua Regola propria, approvata, nella redazione definitiva, la quarta, nel 1506, da Giulio II. Questa Regola, che si pone accanto alle altre regole classiche della tradizione monastica, offre, nella penitenza evangelica, una forma originale della sequela di Cristo, che sintetizza la proposta spirituale dell’Ordine dei Minimi e che trova nel voto di vita quaresimale la sua espressione tipica. Tale voto, vissuto, secondo la tradizione della Chiesa, nel segno e nell’ascesi dell’astinenza della carne e suoi derivati, rappresenta tutto uno stile di vita che facilita la pratica quotidiana dei valori quaresimali e cioè la totale conversione della mente, del cuore e della vita a Dio, con una attenzione particolare alle necessità dei fratelli.